A Buenos Aires la gente ti parla del “Sud” con orgoglio. “Sei mai stata al Sud?”, “Devi assolutamente andarci, è come la Svizzera”, ti dicono. E tu non riesci proprio ad immaginare come un Paese sconclusionato come l’Argentina possa anche solo accostarsi visivamente al rigore e alla perfezione della Svizzera. Pensi alle montagne, ai laghi, alle case di legno con i tetti a punta, alle persone bionde e con gli occhi azzurri, alla neve… fatichi ad immaginare che anche tutto questo sia l’Argentina. Così inizi a fantasticare di visitare questa fantomatica Svizzera latina.
Non è così semplice andare al Sud. Innanzitutto bisogna prendere in considerazione il tema della distanza che non è così scontato. In Sud America i concetti di vicino e lontano non coincidono con quelli a cui siamo abituati, per farvene un’idea pensate che la distanza tra La Quiaca (l’estremo nord dell’Argentina) e Ushuaia (l’estremo Sud) equivale alla distanza tra Lisbona e Mosca, una cosa da niente no? Qui città distanti tre, quattro ore sono considerate vicine e i viaggi di una notte rappresentano la normalità. Nonostante mi sia abituata ai viaggi infiniti sulla Panamericana, alle strade dissestate della costa e a quelle zigzaganti delle Ande, affrontare un viaggio in autobus fino all’estremo Sud è fuori discussione. Ci vogliono più di 30 ore per arrivare a El Calafate e ho sentito molte storie di bus rotti e di attese di giorni in mezzo al nulla, quindi per questa volta non vorrei sfidare la sorte. Non mi resta che prendere l’aereo, cosa che cerco sempre di evitare qui perché purtroppo i prezzi non sono così economici come siamo abituati in Europa con le compagnie low-cost, ma non ho scelta.
La Patagonia argentina è un territorio sconfinato che tocca le province di Chubut, Neuquén, Rio Negro, Tierra de Fuego, Antartide e Isole dell’Atlantico del Sud e Santa Cruz, 787.291 Km quadrati che coprono un terzo del territorio nazionale. Non ho il tempo né tantomeno i soldi per visitare tutto, quindi opto per la meta più lontana, la fine del mondo, i confini della Terra: Ushuaia, la città più australe del pianeta, nella mitica Terra del Fuoco, sorta sull’ultimo lembo della costa meridionale argentina, oltre la quale si incontrano l’Oceano Atlantico ed il Pacifico. E poi, non posso andarmene senza aver visto il Perito Moreno, il più lungo ghiacciaio in movimento del mondo, una delle destinazioni che sono nella mia lista dei “posti che devo assolutamente vedere” da anni, e che lo dico a fare, ho quasi pianto quando l’ho visto.
USHUAIA – Per risparmiare, io e la mia amica e compagna di viaggio Erika, partiamo dall’aeroporto Jorge Newbery di Buenos Aires con il volo delle 4 del mattino! Arriviamo ad Ushuaia 4 ore dopo e la differenza di clima si fa subito sentire, il pungente vento patagonico ci colpisce non appena usciamo dall’aeroporto, è un vento fastidioso, che ti entra nella giacca, attraverso le maniche, attraverso il colletto e penetra nonostante il cappello e la sciarpa. Siamo a fine gennaio, cioè in piena estate da questa parte del mondo, eppure c’è ancora della neve che non si è sciolta sul ciglio della strada. Ma il cielo è limpido per fortuna, anche se ci hanno detto che qui il tempo cambia velocemente e potrebbe mettersi a piovere da un momento all’altro. Il paesaggio è meraviglioso e decisamente… “svizzero”, montagne, picchi innevati, casette di legno, laghi, boschi, pur non perdendo quel tocco di latinoamericanità che si ritrova facilmente in ogni macchina che passa con la cumbia a tutto volume, nei negozietti di empanadas, nella assoluta mancanza di coerenza nelle costruzioni, insomma, l’essenza argentina per fortuna è rimasta. Il centro di Ushuaia è piccolissimo, una strada piena di negozi di souvenirs con la scritta: “fin del mundo – end of the world” ovunque, un museo che era stato una volta una prigione e tantissime agenzie che vendono tours: tour sul canale di Beagle, tour per vedere i pinguini, tour per entrare nel parco nazionale, tour per il treno della fine del mondo… per qualsiasi cosa tu voglia fare ad Ushuaia, sei costretto a pagare un tour. Quindi la prima cosa da fare è scegliere tra la variegata offerta turistica. Noi abbiamo a disposizione solo un paio di giorni, perciò decidiamo di dedicare una giornata alla visita del Parco Nazionale ed una alla navigazione sul canale di Beagle fino al faro della fine del mondo con l’immancabile visita alla Estancia Halberton per vedere i pinguini. Incredibile camminare su una spiaggia con più di 10.000 pinguini! Sembra di trovarsi in un documentario della National Geographic.
Il Parque Nacional Tierra del Fuego è enorme, occupa oltre 63 mila ettari di superficie che si suddividono tra montagne scoscese, corsi d’acqua, valli, laghi, pampas, spiagge e insenature che regalano scenari spettacolari. Non basta una giornata per vederlo completamente. Noi decidiamo di realizzare la prima parte del percorso con il “tren del fin del mundo”, un treno a vapore che oggi funziona solo con fini turistici ma che un tempo trasportava i detenuti dal carcere di Ushuaia ai boschi sub-antartici dove erano costretti a tagliare la legna. Poi percorriamo buona parte del parco a piedi fino alla Bahia Lapataia, dove termina la Routa N°3. È ufficiale, il mondo finisce qui!
EL CALAFATE – Dopo tre giorni nell’estremo sud del continente, riprendiamo l’aereo per la nostra seconda destinazione: El Calafate, nella provincia di Santa Cruz, la città è una tappa obbligatoria per accedere al Parco Nazionale dei Ghiacciai. Qui il clima è decisamente più mite, anche se il vento della steppa non è meno fastidioso, anzi, sembra soffiare ancora più forte. Alloggiamo in un hotel con vista panoramica sul Lago Argentino, una meraviglia. Non avevo mai visto dei colori così vivi, un azzurro così acceso che fa da contrasto al giallo che predomina nel paesaggio di questa zona della Patagonia. Il giallo è infatti il colore del Calafate, un arbusto spinoso con frutti color mora, dal quale prende il nome la città e che ricopre la maggior parte del territorio. Anche qui, come ad Ushuaia, il centro è pieno di agenzie turistiche e ancora una volta si tratta di sceglierne non più di un paio, dal momento che sono tutte molto costose (circa 80/100 dollari a escursione). Noi prenotiamo un mini-trekking perché visto che abbiamo fatto tutti questi chilometri, non ci basta vedere il ghiacciaio, vogliamo camminarci sopra! Sono un po’ preoccupata in realtà, non sono molto atletica, anzi sono abbastanza goffa e l’idea di usare dei ramponi per camminare sul ghiaccio non mi rende particolarmente tranquilla, già mi vedo scivolare giù per qualche dirupo o con una gamba rotta. Ma decido di rischiare, in fondo lo fanno anche i bambini! E poi, non mi ricapiterà mai più un’occasione del genere, camminare su un ghiacciaio! Il tour prevede nella prima parte della mattinata la visita al Parco, passando per le passerelle con vista panoramica sul Perito Moreno, poi ci imbarcheremo su un battello che ci porterà nel punto in cui inizia il trekking. La vista del ghiacciaio da una distanza così ravvicinata è impressionante, ma l’impatto è ancora più pazzesco durante la navigazione del lago, mentre ci avviciniamo in barca ad un muro di ghiaccio alto tra i 40 e i 60 metri.
Il trekking è più semplice di quello che pensavo, si tratta di una passeggiata di circa due ore con delle guide ovviamente, che ci spiegano come camminare con i ramponi. È strano pensare di star camminando su dell’acqua congelata. Le guide ci spiegano che dall’ultima glaciazione (20.000 anni fa) sulle Ande sono rimasti due enormi settori di ghiaccio, uno dei quali è il campo de hielo sur (campo di ghiaccio sud) che comprende ben 48 grandi ghiacciai sul livello del mare oltre a centinaia di “piccoli” ghiacciai montani. Ciò che rende il Perito Moreno unico al mondo, e tema di discussioni relative al riscaldamento globale, è il fatto che si tratta di un ghiacciaio che invece di ritirarsi, come fanno gli altri, avanza. O meglio, è in equilibrio perché sebbene avanzi ad una velocità di circa 700 metri all’anno, perde massa ad un ritmo praticamente analogo, sfaldandosi in enormi pezzi di ghiaccio che piombano con un frastuono assurdo nelle acque del lago. A fine passeggiata, in mezzo al nulla, compare un tavolino con tanti bicchieri: ci viene offerto del whiskey con ghiaccio preso direttamente dal ghiacciaio.
Il giorno seguente abbiamo un’escursione decisamente più rilassante, una gita in barca per vedere anche gli altri ghiacciai del parco: Upsala, Viedma e Spegazzini. Il paesaggio è fiabesco: ghiacciai che scendono come lava bianca dalle montagne verdi e terminano nelle acque lattiginose del lago, iceberg grandi come cattedrali che compaiono all’improvviso durante la navigazione, è tutto molto impressionante e suggestivo, insomma un’esperienza indimenticabile.
Per terminare la nostra esperienza a El Calafate facciamo una visita alla Laguna di Nimes, una riserva naturale che si trova a solo 1 km dal centro della città, con una grandissima varietà di volatili tra cui il fenicottero australe e il cigno dal collo nero.
Il nostro viaggio ai confini del mondo termina qui, ci aspetta di nuovo il traffico, lo smog e il caos della capitale, ma questa settimana di natura incontaminata, spazi immensi, panorami da togliere il fiato e aria pura mi ha decisamente rigenerato. Prima di tornare in aeroporto abbiamo ancora un’oretta, decidiamo così di scendere in spiaggia per dare un ultimo saluto al Lago Argentino e ricaricarci di energia positiva. Ci sediamo su una roccia, di fronte a noi solo l’acqua calma del lago, i ghiacciai in lontananza e la Cordigliera delle Ande ad incorniciare il paesaggio. Niente traffico, niente clacson, niente urla. Solo il mio respiro e il rumore dell’acqua. Questa è la Patagonia, un cielo immenso che inonda tutto il paesaggio ed orizzonti infiniti.
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